di ESC INFOMIGRANTE
Dal 7 marzo il centro di accoglienza di Anguillara è sotto sgombero. In
seguito ad un’ordinanza del sindaco, viene ordinato il trasferimento di
un centinaio di richiedenti asilo, per la gran parte donne, provenienti
da Nigeria, Somalia ed Eritrea. La cooperativa Eriches, che gestisce il
centro, decide di spostare gli ospiti a Licenza, in un altro centro
sotto la sua gestione. Di questa decisione, le richiedenti asilo vengono
informate soltanto la sera prima, senza poter esprimere alcun parere.
Una trentina accettano, anche perché hanno paura di rimanere fuori dal
programma di accoglienza. Le altre, invece, rifiutano il trasferimento.
Sono soprattutto donne: due incinta, altre cinque con bambini piccoli o
neonati. Persone vulnerabili, che dovrebbero godere dei diritti e delle
forme di protezione garantiti dalle leggi nazionali e dai trattati
internazionali.
Invece, le rifugiate lamentano una situazione inaccettabile e sono esauste: dal loro arrivo a Lampedusa (meno di un anno fa) è già il quarto centro dove si stabiliscono temporaneamente.
Contro ogni logica (e normativa) legata alla fondamentale importanza
della “continuità di insediamento” che regola l’accoglienza e il diritto
d’asilo, sono state spostate prima da Tivoli ad Anguillara, e ora a Licenza. Oggi,temono di essere ulteriormente degradate nel girone dantesco dell’emergenza Nord Africa,
che stralcia il rispetto dei requisiti minimi dei centri d’accoglienza
e, ancor di più nel limbo che segue la fine ufficiale dell’emergenza,
sta allarmando (come a Bologna solo due giorni fa) i rifugiati che
continuano ad essere trattati come “pacchi” dalle istituzioni preposte, ma anche da molte delle cooperative che hanno gestito fin qui l’emergenza.
Per le donne di Anguillara dopo alcuni mesi e dure battaglie (ad es., il
blocco stradale a Termini durante le feste natalizie, efficace per
sbloccarne la situazione giuridica), il loro processo di inserimento si
stava, seppur lentamente, attivando: i bambini avevano finalmente
iniziato a frequentare la scuola, si era trovato un medico ed erano
iniziate le lezioni di italiano. Il nuovo trasferimento implicherebbe ricominciare di nuovo, per l’ennesima volta, tutto da capo.
Di una cosa siamo certi: l’Emergenza Nord Africa, nel suo essere concepita come “norma d’eccezione”tout court, ha
prodotto, e continua a produrre, gravi distorsioni del sistema
d’accoglienza italiano, già carente (quando non brutale) rispetto agli
standard europei. Tutto ciò costituisce un precedente davvero
pericoloso, che rischia di abbassare ulteriormente il livello
dell’accoglienza del “Bel Paese”.
Il governo italiano ha speso complessivamente più di un miliardo di euro per la gestione dell’emergenza:
i risultati sono sotto gli occhi di tutti e rendono evidente come i
fondi stanziati siano scomparsi, inghiottiti in un sistema perverso di
cooperative e strutture private, su cui non è stato effettuato alcun
tipo di controllo istituzionale. Il caso di Anguillara è esemplare.
Per mesi la Protezione Civile prima e la Prefettura poi hanno pagato
con denaro pubblico l’affitto di un complesso che, come emerge dalla
stessa ordinanza di chiusura del Sindaco, non ha legittimità urbanistica
per le sue parti abusive e mai sanate (in parte da demolire!). In
queste strutture edilizie sono state ospitate le rifugiate e i loro
bambini in stato di sovraffollamento e di scarse condizioni igieniche.
La settimana precedente, gli ispettori dell’Asl avevano effettuato un
sopralluogo, emettendo un giudizio impietoso. Nel rapporto finale
avevano ravvisato nel centro la “precarietà delle condizioni
igienico-sanitarie, il sovraffollamento degli ambienti, le evidenti
tracce di umidità diffusa nei locali…”. Veniva sottolineato come “la struttura non ha conseguito ancora alcun titolo abitativo tale da poter proseguire l’attività”. Inoltre, la relazione fa presente come ci si esponga a “potenziali rischi per la salute pubblica”,così come a “gravi pericoli che potrebbero minacciare la sicurezza urbana”.
A oggi, qual è la soluzione? Imporre una mobilità forzata e
condizioni di vita al limite del rispetto dei diritti fondamentali a
delle donne che provengono da Paesi in difficoltà, da situazioni di
guerra e di grave pericolo, che hanno attraversato il mare per garantire
a se stesse e ai propri figli una possibilità di futuro dignitoso.
Nella giornata internazionale della donna, ciò che avviene ad Anguillara
non è che un’ennesima evidenza della violenza esercitata sulle donne,
contro la loro autodeterminazione. La protesta delle rifugiate somale ed
eritree, ci ricorda l’attualità della rivendicazione gridata nella
mattinata nelle strade romane: corpi ingovernabili, diritti inalienabili!
ESC INFOMIGRANTE
http://infomigrante.wordpress.com
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