lunedì 18 maggio 2015

RINNOVO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO - I nuovi requisiti richiesti dalla Questura di Roma -

“La regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno nel territorio nazionale
è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici,
quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica,
l'ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale
e la politica nazionale in tema di immigrazione.
 Il legislatore possiede un ampia discrezionalità,
limitata sotto il profilo della conformità alla Costituzione,
soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli”.




L'assunto enunciato, estratto dalla sentenza nr. 206 pronunciata dalla Corte Costituzionale il 26 maggio 2006, assume particolare rilevanza perché esprime in modo chiaro ed incisivo le complessità della politica migratoria, permeata da una molteplicità di interessi, relativi sia alla sfera pubblica, che a quella individuale di ciascun cittadino extracomunitario soggiornante nel Paese; è proprio per la rilevanza degli interessi in gioco che la Consulta ha sottolineato gli importanti vincoli che il legislatore deve rispettare nella regolamentazione della materia.


Infatti, rileva da un lato la Costituzione, che al fine di tutelare la condizione giuridica dello straniero da operazioni amministrative discrezionali, all'art. 10 pone la seguente riserva di legge: “L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici”; dall'altro lato, la legge ha disciplinato dettagliatamente la materia, in ossequio ai principi enunciati dalle direttive comunitarie, dalle Convenzioni internazionali e alle linee guida delineate dalle Corti internazionali (C.E.D.U. e Corte di Giustizia dell'Unione Europea), con il D.Lgs. nr. 286/1998 (Testo Unico Immigrazione) che, unitamente al relativo regolamento di attuazione, D.P.R. nr. 294/1999, in ordine ai permessi di soggiorno, ne enuncia per ciascuna tipologia i requisiti per il rilascio e il rinnovo, nonchè con i D.Lgs. nr. 251/2007 e nr. 25/2008 che approfondiscono i casi di protezione internazionale, emessi in attuazione delle direttive 2004/83/CE e 2005/85/CE.

Nonostante la materia sia oggetto di attività normativa viva, al passo con le esigenze dei tempi caratterizzati da grandi migrazioni di massa, la Questura di Roma a partire da febbraio 2015, ha paventato la possibilità concreta di rifiutare le istanze dl rinnovo dei permessi di soggiorno rilasciati a qualsiasi titolo (status di rifugiato, protezione sussidiaria, motivi umanitari, motivi familiari e lavoro) preannunciandola tramite l’istituto del c.d. preavviso negativo di cui all'art. 10 bis della Legge nr. 241/1990 (legge sul procedimento amministrativo) e giustificando tale diniego in base all'insussistenza del presunto requisito dell'iscrizione anagrafica, che a parere della Questura verrebbe a configurarsi quale condizione per il rilascio di ogni tipo di permesso di soggiorno, sulla base del combinato disposto degli artt. 1 e 2, comma 1, della Legge nr. 1228 del 1954 con l'art. 7, comma 3 del D.P.R. nr. 223/1989, statuenti un obbligo di carattere generale di iscrizione anagrafica e un obbligo particolare per gli stranieri già iscritti all'anagrafe, di rinnovare la dichiarazione di dimora abituale. A partire da maggio 2015 l'Amministrazione romana ha emesso i primi provvedimenti definitivi negando il rinnovo del permesso di soggiorno, dichiarando irricevibili tutte le domande non corredate da certificato di avvenuta iscrizione anagrafica, ritenuta necessaria per ottemperare il presunto obbligo di “comprovare con elementi oggettivi ed inequivocabili la residenza anagrafica della dimora abituale ovvero la sua variazione ovvero il possesso di una chiara e certa sistemazione alloggiativa”.

Tale lettura sistematica della normativa vigente data dalla Questura di Roma è errata, in quanto disancorata dalla disciplina normativa che non prevede l'iscrizione anagrafica quale requisito nè per il rilascio del titolo di soggiorno, né per il suo rinnovo. D'altra parte, la Costituzione all'art. 10, stabilendo una riserva di legge per la materia di cui trattasi, non lascia alcuna discrezionalità all'operato amministrativo; altresì, neppure la formulazione presente nel “modello 1”, di richiesta di rilascio del permesso di soggiorno, menziona l'obbligo di indicare l'indirizzo di residenza del richiedente (ancor meno l'allegazione del certificato di iscrizione anagrafica), esigendo solo la dichiarazione di domicilio, che anteriormente al 2015 era ritenuta sufficiente anche dalla Questura di Roma per prassi consolidata.

In tal senso il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza 15/06/2010 nr. 3760, svolgendo una disamina della normativa, ha chiarito che il mancato rinnovo del permesso di soggiorno è qualificabile come revoca implicita in autotutela dell'originario permesso di soggiorno ed è, pertanto, soggetto alla disciplina dell'art. 5, comma 5, D.Lgs. nr. 286/1998, che deve essere interpretato nel senso che: “il permesso di soggiorno e il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello stato, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili in sede di rilascio del permesso di soggiorno”. Tale interpretazione della norma, fornita dal C.d.S., non ammette che le decisioni amministrative in ordine al permesso di soggiorno siano estrinsecazioni di proprie valutazioni discrezionali. Pertanto è palese che le decisioni di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno devono essere adottate dalle Questure solo laddove “manchino i requisiti richiesti” dalla legge e purché “non si tratti di irregolarità sanabili”. 

A nulla vale ai fini del rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno il generale obbligo di iscrizione anagrafica ex art. 2, comma 1, della Legge nr. 1228 del 1954, invocato come esclusiva motivazione dei rifiuti di rinnovo della Questura di Roma, per l'inesistente connessione letterale e sistematica da cui dedurre che tale obbligo sia presupposto per il rilascio e/o rinnovo del permesso di soggiorno. In altre parole, la mancata allegazione del certificato di iscrizione anagrafica non può, da sola, impedire il rilascio e/o il rinnovo del permesso di soggiorno, atteso che la normativa, allo stato attuale, ritiene sufficiente specificare l'indirizzo presso il quale il richiedente è dimorante. La Questura di Roma, con la suindicata motivazione, ha palesemente inosservato i principi che sorreggono il procedimento amministrativo, del cui scrupoloso rispetto la stessa è per legge onerata, pervenendosi ad un provvedimento illegittimo ed abnorme, preannunciato in violazione dei principi di proporzionalità, di ragionevolezza, ma anche di buon andamento e di legalità, per eccesso di potere e/o incompetenza.

In particolare, per le situazioni attinenti lo stato di diritto, opera il principio di legalità sostanziale delle sanzioni amministrative, secondo il quale i consociati sono tenuti a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti dalla legge; la stessa Costituzione, come già osservato, prevede che la condizione giuridica dello straniero sia disciplinata dal legislatore. La Questura di Roma, introducendo requisiti più rigidi rispetto a quelli previsti dalla normativa statale, ha assunto le vesti di decisore autonomo in un campo del diritto di piena pertinenza statale, ove avrebbe dovuto agire esclusivamente come funzionario di governo. Ha senza titolo inciso efficacemente sui diritti fondamentali dei cittadini extracomunitari, frustandoli attraverso l'uso discrezionale dello strumento del rinnovo dei permessi di soggiorno, calpestando in modo subdolo il fondamentale principio di uguaglianza, perché applicando in maniera personalizzata la normativa sul rilascio/rinnovo dei permessi di soggiorno, ha portato al fenomeno della c.d. frammentazione personale dei diritti: il permesso di soggiorno oltre ad un diritto in sé, è il canale attraverso cui alcuni diritti fondamentali possono essere effettivamente esercitati, tale logica selettiva opera sul piano economico: chi ha l'iscrizione anagrafica e chi non ce l'ha. Invero, poiché l'iscrizione anagrafica è subordinata ad una serie di requisiti, tra i quali un titolo registrato all'Agenzia delle Entrate (di affitto, di proprietà, di comodato, etc), è naturale conseguenza che, soprattutto in una città come Roma dove gli affitti solo molto cari, al diritto di iscrizione anagrafica sono automaticamente esclusi tutti coloro che versando in stato di indigenza, vivono in Centri di Accoglienza o in occupazione; rafforzandosi pertanto le disuguaglianze legate al possesso di status differenti.

Altresì il principio di uguaglianza è frustato sotto un altro profilo: se ogni Questura applica in maniera personalizzata la normativa, lo straniero sarà onerato a integrare più o meno requisiti in funzione dell'amministrazione competente a ricevere la sua istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.

Il rischio di spaccatura del sistema è ancor più grave nel caso di permessi di soggiorno rilasciati a titolo di protezione internazionale: il mancato rinnovo degli stessi comporta per gli stranieri uno stato di irregolarità sul territorio italiano, altresì l'impossibilità per il governo di espellerli stante i vincoli di carattere internazionale e costituzionale. La problematica assume quindi rilevanza in primo luogo sotto il profilo umano, in secondo luogo stravolge il sistema politico-legislativo costruito faticosamente fino ad ora.

Questa prassi, incidente sui RINNOVI dei permessi di soggiorno, agisce nei confronti di quegli stranieri che sono riusciti nell'impresa niente affatto scontata, di ottenere un permesso di soggiorno, ossia coloro che soggiornano regolarmente nel territorio italiano.

Dott.ssa Beatrice Fossato 

- Sportello Legale Action diritti in movimento -




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