La questione immigrazione assume sempre più i contorni di una battaglia di civiltà, per i diritti civili e sociali. Sono oltre 5 milioni gli stranieri regolarmente presenti in Italia, di cui la metà occupati (il 10% della forza lavoro nazionale). Ma occorre considerare anche il sommerso: quell’esercito di migranti, si stima oltre 500mila, che vive e lavora sotto sfruttamento. È importante sottolineare che non è possibile ragionare attorno all’integrazione degli stranieri, ancor di più nel 2013 anno europeo della cittadinanza, senza tenere conto della presenza irregolare.
L’inclusione differenziale.
Bisogna considerare che la distinzione regolare-irregolare è oltremodo sfumata: una parte considerevole della popolazione migrante si trova in una condizione di limbo giuridico che espone i migranti alla negazione dei diritti fondamentali. Inoltre, la condizione di irregolarità è una fase del progetto migratorio della quasi totalità degli immigrati e la crisi economica ha di fatto esteso la durata di tale fase e addirittura ne ha modificato l’andamento, facendo ripiombare nella precarietà intere fasce di popolazione straniera precedentemente integrata (ad esempio al 31 dicembre 2011 non sono stati rinnovati ben 263mila permessi di soggiorno).
Quello che si è affermato nel nostro Paese è un vero e proprio meccanismo di inclusione differenziale, caratteristica saliente del “modello mediterraneo” di immigrazione: l’integrazione e la tutela dei diritti si determina solo nei confronti degli individui portatori di posizione giuridica regolarizzata, mentre agli altri è riservato lo sfruttamento di fatto liberalizzato. Allo stato attuale, la risposta istituzionale è inesistente o insufficiente. Mentre i migranti irregolari sono costretti all’invisibilità, che li relega nelle campagne o nelle periferie urbane in condizioni ultra-precarie, il fenomeno viene affrontato solo ed esclusivamente dal punto di vista dell’ordine pubblico, dunque della repressione. Una categoria che continua a sfuggire alle statistiche ufficiali, ma la cui esistenza si impone all’opinione pubblica in momenti particolari come la rivolta di Rosarno del gennaio 2010 o lo sciopero dei migranti a Nardò nell’estate 2011.