lunedì 29 ottobre 2012

Corte costituzionale "armonizzare la legislazione sull’immigrazione riprendendo i numerosi interventi innovatori in materia dei diritti umani"

In un seminario di studio sulla condizione giuridica dello stranieri, la Consulta invita a passare da normative improntate all’ordine pubblico a quelle che tengono conto dei diritti fondamentali della persona.


Un richiamo alla necessità di armonizzare la legislazione relativa alla presenza degli stranieri in Italia e al ruolo che la Corte costituzionale ha avuto nella definizione dello status di straniero e immigrato, attraverso interventi innovatori che hanno evidenziato, in più casi, i limiti delle leggi vigenti, soprattutto dal punto di vista del rispetto dei diritti umani.
È quanto è emerso nel corso del seminario sulla Condizione giuridica dello straniero nella giurisprudenza della Corte costituzionale organizzato dalla Consulta, che venerdì scorso ha visto gli interventi, oltre che del presidente Alfonso Quaranta, di alcuni giuristi esperti della materia: Guido Corso, Cecilia Corsi e Bruno Nascimbene.
La Corte, si legge in una nota al termine dei lavori, auspica che le norme si conformino sempre più al nuovo profilo che si è andato via via delineando, rivedendo anche recenti interventi normativi in materia di immigrazione, chiarendone eventuali punti critici ed eliminando automatismi che nella pratica possono confliggere con i diritti essenziali e fondamentali delle persone.
I giuristi si sono confrontati passando in rassegna il lavoro svolto dalla Consulta nel corso degli anni su questo fronte. Un contributo giurisprudenziale che ha progressivamente permesso di passare da una normativa sull’immigrazione improntata principalmente sulla salvaguardia dell’ordine pubblico e sul presidio delle frontiere, e quindi ispirata da esigenze di sicurezza, a una normativa che tiene conto anche dei diritti fondamentali della persona. Il dato che si è acquisito è che l’intervento pubblico non può limitarsi al controllo degli ingressi, ma investe anche la tutela della salute, l’istruzione, il diritto all’abitazione. Non è un caso che la Consulta abbia sistematicamente “bocciato” quasi tutti i ricorsi che il governo centrale – tentando di far leva su una competenza esclusiva in materia di immigrazione – ha proposto contro le Regioni che hanno legiferato in tal senso. C’è poi la problematica che riguarda la disciplina di ingresso e di espulsione, che ha avuto un’evoluzione travagliata nel corso degli ultimi 15 anni. Diverse le leggi che si sono avvicendate, dalla Napolitano-Turco del ’98 alla Bossi-Fini del 2002, fino al pacchetto sicurezza firmato dall’ex ministro Maroni che introdusse anche il reato di immigrazione clandestina, ma fu per più aspetti censurato dalla Consulta. Anche gli automatismi che accompagnano l’espulsione o la possibilità di regolarizzare gli immigrati sono stati indicati come un limite da ripensare e sentenze recenti della Corte, come la 172 del 2012, che ha dichiarato illegittima una norma che escludeva automaticamente la possibilità di regolarizzare gli stranieri condannati per reati di scarsa gravità, va in questa direzione.

Emergenza nord africa

Fine senza soluzioni?



Sta circolando in questi giorni la bozza di un’ordinanza della Protezione Civile che conterrebbe le decisioni del governo rispetto alla fine della cosiddetta emegenza Nord Africa. Il documento conferma l’intenzione di non prolungare l’emergenza oltre il 31 dicembre del 2012 (in altre parole, l’erogazione dei finanziamenti esistenti per mantenere l’accoglienza)  e affida ai prefetti il compito di mettere in atto tutte le procedure necessarie alla “gestione” delle persone (circa ventimila) che si trovano ancora in una posizione interlocutoria, perché non  ancora ascoltate dalla Commissione o perché hanno presentato un ricorso. Non si fa parola in questo testo delle possibilità prospettate dal Tavolo tecnico presso  il Viminale di cui vi avevamo parlato pochi numeri fa
Se la situazione giuridica di queste persone non verrà regolata con il rilascio del permesso umanitario, mentre sono ancora in accoglienza sarà complicato farlo dopo. Se non si approfitta di queste ultime settimane per mettere in atto questo provvedimento, quando si pensa di farlo? Fintanto sono all’interno di strutture gestite è facile pensare che, per accedere a questa forma di protezione, possano essere seguiti e aiutati. Adesso sono tutti reperibili per dare loro assistenza e guidarli in questa nuova fase. Ci sono operatori pagati che si dedicano a questa operazione. Se non si provvede adesso come si pensa di poter fare in futuro?
Intanto (o meglio: proprio per questo) Arci, Asgi, Centro Astalli, Senza Confine, Cir, Cgil, Uil, Fcei, Ugl, Focus-Casa dei Diritti Sociali hanno indetto per il 30 ottobre un presidio davanti al Pantheon (a partire dalle 14), chiedendo al Governo: una decisione immediata con un provvedimento chiaro che consenta il rilascio di un permesso di soggiorno umanitario in favore di tutti i profughi giunti dalla Libia e  una soluzione dignitosa e efficace per l’inclusione sociale dei profughi coinvolti nei progetti d’accoglienza, con la predisposizione di risorse adeguate, che consenta di realizzare il processo di integrazione di queste persone con precisi percorsi di uscita dai centri emergenziali con una chiara previsione di misure di sostegno. Le associazioni chiedono anche un coinvolgimento reale delle organizzazioni di tutela e dei territori coinvolti nell’accoglienza per la definizione di soluzioni concrete e una  verifica puntuale della qualità dei servizi erogati sul territorio nell’ambito dei progetti d’accoglienza.
Se la situazione rimane quella di oggi, se veramente si procedesse alla chiusura dell’accoglienza, senza una uscita dignitosa dei migranti dall’emergenza, gli scenari possibili sarebbero tutti estremamente negativi. Il governo dei “tecnici”, di fronte ad una falsa emergenza, perché il numero delle persone interessate è risibile in un paese di 60 milioni di abitanti, sembra intenzionato ad agire in maniera affatto difforme da quello che lo ha preceduto.

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lunedì 22 ottobre 2012

Carissima carta d’identità

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October 22, 2012
Piccole storie ignobili
Settecento euro. È la somma che a Sabaudia, in provincia di Latina, uno dei tanti “padroni”  ha chiesto ad un migrante sikh, suo dipendente, per aiutarlo ad ottenere il documento di riconoscimento. Settecento euro è il salario mensile di quel ragazzo.
È difficile commentare una notizia come questa. Non si può non restare sconvolti e disgustati da questo genere di comportamenti che purtroppo si ripetono spesso in un territorio dove l’arroganza dei “padroni” si associa alla latitanza delle istituzioni, indifferenti e quindi complici, e alla responsabilità di una cittadinanza che riconosce il problema ma che pare disinteressata e pigra.
Questa triste storia non costituisce un fatto privato o solo episodico tra il bracciante sikh e il suo datore di lavoro. È, invece, l’ennesima vicenda che colpisce la parte più debole della società italiana, ossia i migranti, con una sfacciata prepotenza che lascia attoniti e feriti. Nelle campagne pontine si verificano sistematicamente episodi di grande violenza nei riguardi dei braccianti indiani. Alcuni vengono derubati nel giorno di paga del salario mensile, altri picchiati per divertimento, altri ancora provocati da ragazzi con lanci di sassi mentre tornano o si recano in biciletta al lavoro. Un ragazzo sikh di trent’anni è stato selvaggiamente picchiato e quindi licenziato dal “padrone”: aveva chiesto un contratto regolare e gli arretrati.  Rivendicare i propri diritti quando hai la pelle scura, parli un italiano stentato e sei un bracciante magari con il turbante, in provincia di Latina, può essere assai pericoloso. Lo sanno bene le decine di braccianti migranti che ogni mattina si intravedono dai finestrini sporchi di terra e polvere dentro furgoni bianchi, diretti versi i campi agricoli pontini. Ognuno di loro ha una storia da raccontare e un pezzo di Italia da farci scoprire.
Quando il “pollo indiano” è, invece, facile da spennare, allora la violenza non è necessaria. Basta giocare sull’equivoco, sulla mancata conoscenza della lingua italiana e sul barocco funzionamento della burocrazia nostrana e l’affare si chiude con facilità. Senza tanti scrupoli e in pochi minuti si possono “intascare” discrete somme di denaro, evitando di correre  rischi, sapendo di poter contare sul silenzio del truffato. Un gioco da ragazzi insomma, o da gente furba, come dichiara un “padrone”, vantandosi di avere come braccianti solo indiani impiegati senza regolare contratto di lavoro insieme a qualche ragazza rumena. Controlli sporadici, segregazione culturale e sociale e salari che arrivano a circa 800 euro al mese per quattordici ore di lavoro quotidiano, per un totale di circa ventisei giornate lavorative: è questa la catena del potere criminale e padronale da spezzare.
L’indiano derubato dei suoi 700 euro è un sikh ortodosso, di quelli che indossano il turbante, il pugnale e tutti i simboli sacri che la sua religione prevede. È un giovane di trent’anni ed è in Italia da soli cinque. La sua paga, ancora oggi che ha cambiato datore di lavoro, è di circa 950 euro al mese, ma finalmente è in regola.  Il nuovo  “padrone” è per lui sempre bravo, anche quando  non gli paga tutte le ore che ha lavorato o ritarda il pagamento del salario di qualche mese. Ora sta cercando moglie in Punjab e mentre racconta sottovoce la truffa subita, abbassa gli occhi e qualche volta sorride, forse per alleviare il dolore non solo per il furto ma anche per la fiducia tradita da quel “padrone italiano” che considerava “bravo”.
Questa storia è stata raccontata, quasi per caso e con discrezione, dal suo protagonista, con la pacatezza che è tipica dei sikh. La reazione è stata di incredulità. Ma sarà davvero accaduto? Forse è un’esagerazione dovuta alla scarsa conoscenza dell’italiano. Approfondendo, cercando riscontri, ascoltando i racconti di altri sikh, ci siamo resi conto che è tutto vero e che la realtà purtroppo supera la fantasia.
Quanto accaduto non è semplicemente un furto. È un atto infame e crudele che evidenzia una povertà etica e morale che lascia sbigottiti, il coma etico che ottenebra il paese e che nasconde le sue vere povertà, a partire dallo smarrimento del senso del dovere e della giustizia. Casi di ordinaria immoralità che devono essere raccontati perchè nessuno si senta esente da colpe e responsabilità. Intanto, domani è un altro giorno e quel pulmino bianco sporco di terra e polvere è ancora lì che attende il suo prossimo carico di braccia e di stanchezza da portare nei campi.
Marco Omizzolo

Fortezza Europa 2.0

Tra meno di un un anno sarà operativo Eurosur, nuovo sistema transnazionale di controllo delle frontiere. Poi sarà la volta delle frontiere intelligenti. Avete idea di quanto ci costerà tutto questo?
Ridurre gli ingressi illegali nell’Ue, le morti legate ai tentativi di immigrazione clandestina e la criminalità transfrontaliera. Con questi obbiettivi, nel 2008, Franco Frattini, allora Commissario europeo per la Giustizia, la libertà e la sicurezza, presentava al Parlamento europeo due proposte che sono adesso in fase di attuazione. La prima puntava alla costruzione di un sistema integrato di sorveglianza alle frontiere dell’Ue, utilizzando anche satelliti e droni. La seconda alla creazione di “frontiere intelligenti”, capaci di riconoscere biometricamente le persone in entrata e in uscita, agevolando il transito dei viaggiatori “graditi”. In particolare, il primo progetto, Eurosur (European External Border Surveillance System), sarà operativo dal 1 ottobre 2013.
Eurosur prevede la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le autorità di frontiera dei Paesi membri e Frontex (l’Agenzia europea per le frontiere esterne). Ogni Stato suddividerà i propri confini in porzioni, a ognuna delle quali sarà attribuito un livello di impatto “sulla base di un’analisi dei rischi e del numero di episodi che si verificano”. Le rilevazioni saranno poi raccolte da un Centro nazionale di coordinamento, che si occuperà di condividerle con i Centri degli altri Paesi e Frontex. Ma quanto ci verrà a costare tutto questo?
Secondo la Commissione Europea, 340 milioni di euro entro il 2020. Ma il rapporto Borderline, finanziato dalla fondazione Heinrich Boll e realizzato da Ben Hayes e Mathias Vermeulen, prevede cifre differenti, due o tre volte più alte. Non solo: gli autori si mostrano alquanto scettici sull’efficacia di questo impianto così immaginifico.
Ma è sulla questione dei diritti umani dei migranti che le contraddizioni di Eurosur si fanno più stringenti. Se da un lato il testo del progetto prevede la piena compatibilità “con i diritti fondamentali” dell’uomo e il relativo “divieto di respingimento”, dall’altro non spiega come questi principi possano conciliarsi con l’esternalizzazione delle frontiere. La cooperazione con i paesi confinanti viene infatti considerata «cruciale per il successo di Eurosur». «Se la Comunità fornisce già un’assistenza finanziaria alla maggior parte dei paesi terzi vicini per aiutarli a gestire le loro frontiere, l’esigenza specifica di sviluppare una cooperazione operativa (…) impone all’Ue di aumentare tale sostegno finanziario e logistico». E come si potrà chiedere asilo se si rimane bloccati sulle coste tunisine, egiziane o libiche? «Alle persone che vogliono richiedere protezione internazionale-, dice l’europarlamentare verde Ska Keller a Corriere Immigrazione -, sarà impedito anche solo di raggiungere i confini europei. Se sono fermate nel paese di origine o di transito, è ovvio che sarà loro precluso di presentare la richiesta di asilo in Europa». Con il suo gruppo al Parlamento europeo, Keller ha lanciato la campagna smash border (“rompere” le frontiere) in opposizione alle smart border (frontiere intelligenti) tanto care a Frattini. «Con questo progetto milioni e miliardi di euro saranno spesi per realizzare frontiere esterne ad alta tecnologia senza alcuna certezza sulla loro efficacia».
Chi, nonostante tutto, riuscisse a entrare nella Fortezza Europa, dovrà vedersela con satelliti e droni. I primi serviranno «per il controllo e la raccolta di informazioni relative a zone predefinite» mentre i secondi produrranno «immagini dettagliate sull’area interessata al momento richiesto». L’incrocio delle potenzialità dei due strumenti permetterà a Frontex, in concorso con le autorità frontaliere dei Paesi membri, di avere un’idea chiara sulla situazione e di adottare “contromisure”. Ma non si spiega, ancora una volta, quale sarà il destino dei migranti intercettati e chi si farà carico di loro.
Per gli autori di Borderline, gli unici interessati al funzionamento di Eurosur sono stati Frontex e i fornitori di tecnologia. «Le industrie fornitrici di queste sofisticate tecnologie sono i principali agenti di pressione», conferma Keller. «Il rafforzamento del controllo delle frontiere non nasce da un bisogno reale ma obbedisce a dei principi ideologici a loro volta alimentati da interessi economici. Ma l’obiettivo continua a non essere chiaro: chiedono confini più “forti” ma non specificano cosa intendano con questa espressione». Dello stesso avviso è Claire Roder, giurista dell’associazione francese Gisti, che al business della xenofobia ha dedicato un libro-inchiesta, intitolato, appunto, Xénophobie Business (La Découverte, pp. 194, 16 euro). «In cinque anni d’attività l’agenzia europea Frontex ha moltiplicato il suo budget per quindici: un’enormità in tempo di crisi!», ha detto in un’intervista pubblicata da Liberation. «Non si può fare a meno di pensare che muri, recinzioni, radar e adesso droni che coprono i confini dell’Europa, servano meno ad impedire alle persone di passare che a generare profitti di tutti i tipi: finanziari, certo, ma anche ideologici e politici».
Il secondo progetto, le “frontiere intelligenti”, è invece ancora allo studio. Da una parte esso prevede un sistema di entrata/uscita con la raccolta di dati personali e biometrici delle persone di Paesi terzi. Dall’altra, attraverso il programma Rtp (Registered Traveller Programme), un registro per facilitare i viaggiatori accreditati, che così potranno evitare le lunghe code riservate agli altri, ovvero ai “sospetti”. Ad ogni viaggiatore saranno prese le generalità, le impronte digitali e le foto segnaletiche, sia all’ingresso che all’uscita. Dal confronto, si avrà il numero degli “indesiderati” rimasti oltre la scadenza. «Questo meccanismo-, ci spiega Keller, -sarà sicuramente più utile per raccogliere informazioni statistiche su chi entra ed esce. Ma vogliamo spendere davvero 1 miliardo di euro per un database statistico? In questo modo i dati di tutti i cittadini extra-Ue saranno raccolti e forse anche utilizzati per l’applicazione della legge. Non è questa una chiara discriminazione e stigmatizzazione degli stranieri?».
Altro tema delicato, ricordano gli autori di Borderline, è quello della conservazione e trattamento dei dati personali. Secondo la legislazione Ue, è necessaria una ragione legittima per conservare le caratteristiche fisiche di una persona. Per non parlare del fatto, poi, che svariati motivi possono impedire ad una persona di uscire. A partire da un banale ricovero in ospedale. «Le “frontiere intelligenti” creeranno un sacco di costi senza avere un obiettivo chiaro-, conclude Keller. -A mio avviso, “intelligente” significa qualcos’altro».
Luigi Riccio

fonte: corriereimmigrazione

sabato 20 ottobre 2012

salute senza discriminazione


Un nuovo documento di indirizzo sull'assistenza ai cittadini stranieri verrà approvato la prossima settimana in Conferenza Stato-Regioni, con applicazione immediata. Stabilisce che i minori non comunitari dovranno avere il pediatra di base, come i bambini italiani. La parte che riguarda i figli di genitori senza permesso di soggiorno è la più qualificante di un documento che ha come radice leggi già esistenti e le chiarisce in modo chiaro per uniformare l'assistenza. Attualmente solo l'Umbria, e in parte la Puglia, prevedono questo meccanismo. Altrove i figli degli irregolari vengono sballottati tra consultori, ambulatori per adulti e altri servizi. In ogni caso non vengono seguiti da un unico medico. Il documento garantisce inoltre un percorso sicuro ai rom «in fragilità sociale», cioè gli anziani. http://www.statoregioni.it

venerdì 19 ottobre 2012

comunicato stampa medu

su chiusura cie lamezia terme

MEDU esprime soddisfazione per la chiusura del Cie di Lamezia Terme, visitato solo poche settimane fa e ritenuto del tutto inadeguato a garantire condizioni di vita dignitose alle persone trattenute (vedi foto racconto).

MEDU auspica che la chiusura provvisoria diventi definitiva e che il Ministero dell'Interno accolga la proposta del sindaco di Lamezia Terme di riconvertire quello che è stato fino ad oggi un luogo di esclusione, in un luogo di solidarietà e integrazione per i migranti. MEDU auspica altresì che la chiusura del Cie di Lamezia Terme rappresenti il primo passo verso il superamento di un sistema, quello della detenzione amministrativa, che si è dimostrato nel corso degli anni del tutto inefficace nel contrastare l'immigrazione irregolare ed incapace di tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti, che in un paese civile e democratico dovrebbero sempre essere garantiti.

Medici per i Diritti Umani (MEDU) onlus è una organizzazione umanitaria e di solidarietà internazionale, senza fini di lucro, indipendente da affiliazioni politiche, sindacali, religiose ed etniche. Dal 2004 MEDU porta avanti il programma “Osservatorio sull’assistenza socio-sanitaria per la popolazione migrante nei CPTA/CIE”. MEDU aderisce alla campagna LasciateCIEntrare.

Hanno chiuso il Cie di Lamezia Terme

da repubblica.it

 E' statol svuotato e sono stati messi i sigilli per decisione della Prefettura di Catanzaro, su disposizione del Viminale. Era gestito dalla cooperativa Malgrado Tutto 1, al centro di interrogazioni parlamentari, dopo la denuncia di violazioni del team di Medici per i diritti umani 2 che aveva trovato:  una gabbia in cui rinchiudere le persone che volevano farsi la barba 3, un disabile che faceva fisioterapia con una bottiglia d'acqua legata al piede e una cella di isolamento terapeutico chiusa da lucchetti e filo spinato

ROMA - Svuotato e chiuso. E' quanto ha deciso il ministero dell'Interno per il centro di identificazione e di espulsione di Lamezia Terme (Cz), gestito dalla cooperativa Malgrado Tutto 4 e al centro di molte polemiche e interrogazioni parlamentari, dopo la denuncia di violazioni dei diritti umani dei migranti trattenuti. Il team di Medici per i diritti umani 5 (Medu) aveva infatti trovato nella struttura: una gabbia in cui rinchiudere le persone che volevano farsi la barba 6, un disabile che faceva fisioterapia con una bottiglia d'acqua legata al piede e una cella di isolamento terapeutico chiusa da lucchetti e filo spinato. La prefettura di Catanzaro conferma che sabato 20 ottobre il Cie sarà chiuso.

Al momento nessun nuovo bando. Per il momento non viene indetto un nuovo bando di gara e non è certo che la struttura rimanga un Cie. Ufficialmente la motivazione della chiusura è la mancanza di un ente gestore. Lo scorso 22 giugno è fallita la gara di appalto, alla quale aveva partecipato solo la cooperativa Malgrado Tutto, attuale gestore e anche proprietario della struttura. Il Cie è costruito su un suolo di proprietà del comune dato in comodato d'uso alla cooperativa per 99 anni, ma gli edifici sono di Malgrado Tutto. La cooperativa non si è aggiudicata l'appalto perché parte della documentazione presentata era irregolare per problemi con la concessione edilizia. Al di là del fatto che questa situazione venga sanata, il ministero per ora non ha deciso di indire una nuova gara per la gestione. Di fatto, da giugno a oggi il Cie ha funzionato senza appalto, con i relativi problemi di fondi.

I migranti non sono stati rilasciati. Alcuni sono stati rimpatriati. Fra loro, una persona disabile con una protesi ad un'anca per una grave infezione contratta prima di entrare nel Cie. L'uomo, fotografato dai Medu mentre faceva fisioterapia improvvisata con una bottiglia d'acqua, è stato rimpatriato in Marocco contro la sua volontà e nonostante le precarie condizioni di salute. Gli altri saranno internati in altri Cie, tra cui quello di  Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto, nel crotonese, riaperto da poco tempo, al termine di una chiusura di due anni per i danni provocati dalle rivolte. L'Ong Medu esprime "soddisfazione per la chiusura del Cie di Lamezia Terme, visitato solo poche settimane fa e, come rilevato dal team Medu, del tutto inadeguato a garantire condizioni di vita dignitose alle persone trattenute". E auspica che la chiusura provvisoria diventi definitiva e che il Ministero dell'Interno accolga la proposta del sindaco di Lamezia Terme di riconvertire quello che è stato fino ad oggi un luogo di esclusione, in un luogo di solidarietà e integrazione per i migranti.

"Deve essere il primo passo". In una nota, Medu "auspica altresì che la chiusura del Cie di Lamezia Terme sia il primo passo verso il superamento di un sistema, quello della detenzione amministrativa, che si è dimostrato nel corso degli anni del tutto inefficace nel contrastare l'immigrazione irregolare ed incapace di tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti, che in un paese civile e democratico dovrebbero sempre essere garantiti" . Le denunce dei Medici per i diritti umani, seguono quelle fatte nel 2010 da Medici senza frontiere 7 che già allora ne aveva chiesto, inascoltata, la chiusura al Viminale. Molte le voci di protesta che si erano levate dopo la diffusione della foto della 'gabbia per radersì inventata dall'ente gestore, tra cui quella del sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza. Numerose le interrogazioni parlamentari presentate per chiedere spiegazioni e la chiusura al ministero dell'Interno, da quella di Felice Belisario, capogruppo Idv al Senato, a quella depositata da sei deputati radicali eletti tra le file del PD. Una è arrivata anche alla Commissione europea, da parte della Presidente della commissione antimafia europea Sonia Alfano.

(19 ottobre 2012)

domenica 14 ottobre 2012

regolarizzazione truffa...ancora una volta ci rimettono i soliti

il rischio di un flop clamoroso e una drammatica reltà di truffe e raggiri. a tre settimane dall'avvio sono 74.172 i moduli compilati alle ore 18 del 7 ottobre attraverso il sistema informatico del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del ministero dell'Interno nell'ambito della cosiddetta “regolarizzazione”. I moduli inviati sono invece sinora 64.956. Tra i moduli inviati, 57.180 riguardano datori di lavoro domestico e 7.776 datori di lavoro subordinato in altri settori contro le 300mila attese. Troppo complessa la procedura, troppo alti i paletti economici e rigidi i criteri per dimostrare la effettiva permanenza nel nostro paese, ostacoli che paventano il fallimento dell’operazione.


ma il lato peggiore di questa procedura svela centinaia di truffe, raggiri ed estorsioni ai danni di altrettanti cittadini che necessitano di emergere da una brutale clandestinità. è grazie alla campagna "informati per evitare di essere truffato" abbiamo raggiunto decine di cittadini stranieri offrendo loro una corretta informazione ma anche cercando di mettere in luce le richieste improprie di soldi in cambio dei documenti. i costi raggiungono anche gli 8000 euro, per ottenere un soggiorno al mercato nero...con la completa inconsapevolezza degli stranieri che altro non sono che vittime inermi.

in questo modo siamo venuti a conosenza di questa cooperativa e abbiamo deciso di svelare il lato marcio di questa operazione.....

sarebbe importante stanare le truffe ricoscendo come vittime i cittadini che vi sono incappati, scrivendo così in parte un lieto fine per molti che altrimenti ritornerebbero nell'oblio.

quiebraley
action

video a telecamera nascosta di un tentativo di truffa: Sanatoria a 5 mila euro a cura di pubblico e quiebraley Action