lunedì 2 aprile 2012

ANCORA UN COLPO D'ACCETTA ALLA BOSSI FINI

LA CASSAZIONE DICHIARA ILLEGITTIMO IL MAXI-DIVIETO DI INGRESSO NELLA UE E OBBLIGA A DISAPPLICARE NORME CHE LO IMPONGONO PER 10 ANNI

Ansa

ROMA, 2 APR - Non devono essere applicate, dai giudici, le norme sull'immigrazione che vietano per un periodo di tempo - da cinque a dieci anni - il reingresso in Italia di chi è stato rimpatriato perchè privo di documenti. Al massimo, il divieto può protrarsi per cinque anni e non oltre. Lo sottolinea la Cassazione ordinando l'immediata scarcerazione di un dominicano fermato a Napoli nel marzo 2011 in quanto privo di autorizzazione al reingresso dopo l'espulsione nel luglio 2004. Ad avviso dei supremi giudici, un divieto di ingresso superiore ai cinque anni, nell'estensione massima, è in contrasto con la direttiva comunitaria sui rimpatri, la stessa che ha messo fuorilegge - con la nota pronuncia 'Al Dridì della Corte Ue di giustizia - il reato di clandestinità. In proposito, la Cassazione osserva (sentenza 12220) che la direttiva comunitaria 115/2008, sull'immigrazione, dispone - all'art. 11, paragrafo due - che «la durata del divieto di ingresso è determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e non supera i cinque anni». «È di tutta evidenza, allora - aggiunge la Suprema Corte - come si ponga in insanabile contrasto con la vincolante direttiva europea la normativa italiana, art. 13 d.l.vo 286/98, che pone il divieto di reingresso per dieci anni e, comunque, per un tempo non inferiore ai cinque anni». Nel caso in questione, si rileva che S.S. ha fatto rientro in Italia ben dopo cinque anni dall'espulsione, per cui, deve essere «doverosamente disapplicata la normativa interna» e l'imputato «deve essere assolto perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato».

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