dall’incontro associazioni-movimenti e governo
Un tavolo di
confronto permanente e aperture concrete in vista di soluzioni concrete, in
attesa di riscrivere le regole dell’immigrazione. È il risultato dell’atteso
incontro al Viminale tra rete associazioni-movimenti e governo, che segue la
partecipata mobilitazione romana del 7 ottobre scorso all’Esquilino. Nel post
strage di Lampedusa, l’unità nelle differenze è stata la modalità scelta per la
protesta, e anche per la proposta: mercoledì scorso 17 ottobre per oltre un’ora
e mezza i 25 delegati – una formazione numericamente inedita, a rappresentare
le potenzialità e le sfaccettature del variegato mondo che si muove sul tema
migranti – hanno sciorinato criticità, evidenziato lacune e sostenuto le
rivendicazioni che animano il movimento antirazzista da Roma a Caserta e
Brescia.Si è rinunciato all’esposizione di una sintesi precostituita, senza
rinunciare però a porre dei paletti: l’abolizione del reato di clandestinità
(di fatto inapplicato da tempo) è solo un tentativo di rabbonire l’opinione
pubblica,mentre di fronte alla tragedia del mare, annunciata da molto tempo, è
l’insieme delle politiche immigratorie dell’ultimo quindicennio a essere sotto
esame.
Concretezza
e onestà intellettuale hanno contraddistinto dunque il dialogo con il
viceministro Filippo Bubbico (con delega alla pubblica sicurezza), il
sottosegretario Domenico Manzione (con delega all’immigrazione) e il prefetto
Angela Pria (capo Dipartimento Libertà civili e immigrazione). Da una parte la
consapevolezza di un quadro normativo distorto, criminogeno, imbevuto di
ideologia securitaria e generante paure insensate nella popolazione, dall’altra
l’accettazione dei vincoli e dei limiti imposti dall’Unione europea, da parte
del movimento la necessità di innescare percorsi politici di cambiamento, da
parte dei membri dell’esecutivo la necessità di manovrare le vele nella
contingenza politica precaria in cui si muove l’attuale governo.
In altri
termini né la società civile né la le forze parlamentari né tanto meno
l’esecutivo hanno la forza, ammesso che ne abbiano la volontà politica, di
mettere mano alla Bossi-Fini, al di là di proclami e prese di posizione
simboliche, ma non per questo è giustificato l’immobilismo, tanto più che molto
si può fare nelle pieghe dell’attuale ordinamento. È proprio sulle azioni
interpretative e amministrative, attività proprie dell’esecutivo, che la
delegazione ha insistito nell’avanzare un indice di proposte a operatività
immediata. Ancor prima delle richieste, il gruppo dei portavoce ha invocato
chiarezza sulla missione “militare-umanitaria” nel Mediterraneo: no a
respingimenti mascherati verso paesi terzi, no alla logica Frontex, fermezza
nel richiedere la partecipazione di tutta l’Europa nella gestione dell’
“emergenza morti in mare” attraverso la creazione di un corridoio umanitario.
Una necessità sulla quale il sottosegretario Manzione è convenuto, pur
ammettendo il ruolo secondario assunto nella ideazione della missione “Mare
nostrum”.
I paradossi
del meccanismo dei flussi, l’assenza di percorsi di emersione dall’irregolarità
e il circolo vizioso del lavoro nero, sono questi i tre pilastri su cui si regge
l’economia delle campagne e dei cantieri italiani. Per svuotare tali sacche di illegalità,
la delegazione ha proposto l’utilizzo dello schema vertenziale sperimentato con
successo per sanare le situazione giuridica di circa 2mila stranieri tra
Rosarno e Castel Volturno: il riesame nelle commissioni per i rifugiati su
impulso ministeriale per i cosiddetti casi SVI, cioè per quei migranti
sottoposti a sfruttamento lavorativo, in condizioni di vulnerabilità e di
inespellibilità oggettiva. Un percorso, immaginato e perseguito con forza da
una parte del movimento antirazzista negli ultimi anni, a cui oggi si propone
di affiancare un nuovo schema d’azione, che punti a sfruttare le prerogative
concesse ai questori a cui la legge riconosce il potere discrezionale di
rilascio di permessi di soggiorno per motivi umanitari. L’idea è quella di
approntare delle linee guida per la concessione di protezione umanitaria, tali
da garantire tutele concrete snellendo l’iter burocratico, che puntino su
criteri certi come la nazionalità, il coinvolgimento in percorsi di
sfruttamento o tratta ecc.
Ultimo nodo quello
dell’accoglienza, con il movimento migranti e rifugiati desideroso di forzare
la mano sui meccanismi Dublino, che di fatto tengono imprigionati nel nostro Paese
una parte consistente dei richiedenti asilo. Sul punto il prefetto Pria – dopo
aver evidenziato il potenziamento del sistema SPRAAR, motivato la scelta dei
cosiddetti hub regionali per la prima accoglienza e annunciato la futura
creazione di 10 sezioni mobili delle commissioni territoriali – ha chiuso alla
richiesta di uscita dal sistema del fotosegnalamento, rimandando la questione agli
accordi bilaterali da intessere con gli altri paesi Ue, anche in vista di un
protocollo Dublino 3.
Un punto sul quale occorrerà
approfondire il confronto. L’occasione non mancherà: dal sottosegretario
Manzione e dal viceministro Bubbico è arrivata la proposta di
istituzionalizzare il canale di dialogo istituendo un tavolo tecnico al
Viminale. Un risultato di certo meno sensazionale ma molto più concreto
dell’abolizione del reato di clandestinità.
per info quiebraley@gmail.com
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