lunedì 21 ottobre 2013

Strage di Lampedusa

dall’incontro associazioni-movimenti e governo
via libera all’istituzione di un tavolo tecnico sull’immigrazione

Un tavolo di confronto permanente e aperture concrete in vista di soluzioni concrete, in attesa di riscrivere le regole dell’immigrazione. È il risultato dell’atteso incontro al Viminale tra rete associazioni-movimenti e governo, che segue la partecipata mobilitazione romana del 7 ottobre scorso all’Esquilino. Nel post strage di Lampedusa, l’unità nelle differenze è stata la modalità scelta per la protesta, e anche per la proposta: mercoledì scorso 17 ottobre per oltre un’ora e mezza i 25 delegati – una formazione numericamente inedita, a rappresentare le potenzialità e le sfaccettature del variegato mondo che si muove sul tema migranti – hanno sciorinato criticità, evidenziato lacune e sostenuto le rivendicazioni che animano il movimento antirazzista da Roma a Caserta e Brescia.Si è rinunciato all’esposizione di una sintesi precostituita, senza rinunciare però a porre dei paletti: l’abolizione del reato di clandestinità (di fatto inapplicato da tempo) è solo un tentativo di rabbonire l’opinione pubblica,mentre di fronte alla tragedia del mare, annunciata da molto tempo, è l’insieme delle politiche immigratorie dell’ultimo quindicennio a essere sotto esame.

Concretezza e onestà intellettuale hanno contraddistinto dunque il dialogo con il viceministro Filippo Bubbico (con delega alla pubblica sicurezza), il sottosegretario Domenico Manzione (con delega all’immigrazione) e il prefetto Angela Pria (capo Dipartimento Libertà civili e immigrazione). Da una parte la consapevolezza di un quadro normativo distorto, criminogeno, imbevuto di ideologia securitaria e generante paure insensate nella popolazione, dall’altra l’accettazione dei vincoli e dei limiti imposti dall’Unione europea, da parte del movimento la necessità di innescare percorsi politici di cambiamento, da parte dei membri dell’esecutivo la necessità di manovrare le vele nella contingenza politica precaria in cui si muove l’attuale governo.

In altri termini né la società civile né la le forze parlamentari né tanto meno l’esecutivo hanno la forza, ammesso che ne abbiano la volontà politica, di mettere mano alla Bossi-Fini, al di là di proclami e prese di posizione simboliche, ma non per questo è giustificato l’immobilismo, tanto più che molto si può fare nelle pieghe dell’attuale ordinamento. È proprio sulle azioni interpretative e amministrative, attività proprie dell’esecutivo, che la delegazione ha insistito nell’avanzare un indice di proposte a operatività immediata. Ancor prima delle richieste, il gruppo dei portavoce ha invocato chiarezza sulla missione “militare-umanitaria” nel Mediterraneo: no a respingimenti mascherati verso paesi terzi, no alla logica Frontex, fermezza nel richiedere la partecipazione di tutta l’Europa nella gestione dell’ “emergenza morti in mare” attraverso la creazione di un corridoio umanitario. Una necessità sulla quale il sottosegretario Manzione è convenuto, pur ammettendo il ruolo secondario assunto nella ideazione della missione “Mare nostrum”.

I paradossi del meccanismo dei flussi, l’assenza di percorsi di emersione dall’irregolarità e il circolo vizioso del lavoro nero, sono questi i tre pilastri su cui si regge l’economia delle campagne e dei cantieri italiani. Per svuotare tali sacche di illegalità, la delegazione ha proposto l’utilizzo dello schema vertenziale sperimentato con successo per sanare le situazione giuridica di circa 2mila stranieri tra Rosarno e Castel Volturno: il riesame nelle commissioni per i rifugiati su impulso ministeriale per i cosiddetti casi SVI, cioè per quei migranti sottoposti a sfruttamento lavorativo, in condizioni di vulnerabilità e di inespellibilità oggettiva. Un percorso, immaginato e perseguito con forza da una parte del movimento antirazzista negli ultimi anni, a cui oggi si propone di affiancare un nuovo schema d’azione, che punti a sfruttare le prerogative concesse ai questori a cui la legge riconosce il potere discrezionale di rilascio di permessi di soggiorno per motivi umanitari. L’idea è quella di approntare delle linee guida per la concessione di protezione umanitaria, tali da garantire tutele concrete snellendo l’iter burocratico, che puntino su criteri certi come la nazionalità, il coinvolgimento in percorsi di sfruttamento o tratta ecc.

Ultimo nodo quello dell’accoglienza, con il movimento migranti e rifugiati desideroso di forzare la mano sui meccanismi Dublino, che di fatto tengono imprigionati nel nostro Paese una parte consistente dei richiedenti asilo. Sul punto il prefetto Pria – dopo aver evidenziato il potenziamento del sistema SPRAAR, motivato la scelta dei cosiddetti hub regionali per la prima accoglienza e annunciato la futura creazione di 10 sezioni mobili delle commissioni territoriali – ha chiuso alla richiesta di uscita dal sistema del fotosegnalamento, rimandando la questione agli accordi bilaterali da intessere con gli altri paesi Ue, anche in vista di un protocollo Dublino 3.

Un punto sul quale occorrerà approfondire il confronto. L’occasione non mancherà: dal sottosegretario Manzione e dal viceministro Bubbico è arrivata la proposta di istituzionalizzare il canale di dialogo istituendo un tavolo tecnico al Viminale. Un risultato di certo meno sensazionale ma molto più concreto dell’abolizione del reato di clandestinità.
 per info quiebraley@gmail.com

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