giovedì 12 dicembre 2013

LA CARTA DEI DIRITTI DAL BASSO

Il sistema di contenimento dell’immigrazione ha prodotto numerose vittime: non solo chi ha perso la vita nel tentativo di varcare i confini dell’Europa, ma anche chi soccombe ogni giorno a continue discriminazioni sociali e civili. Nella metropoli romana sono in migliaia i cittadini e le cittadine stranieri orfani di diritti, esclusi, costretti ai margini. Per di più, in una città governata dalla paura sono i migranti a subire le conseguenze più drammatiche della inevitabile guerra tra poveri innescata dalla crisi economica.

Vogliamo rivendicare con forza cambiamenti radicali e concreti.


Proclamiamo dunque la CARTA DEI DIRITTI DAL BASSO perché è necessario invertire la rotta, stabilire nuovi criteri di governo del fenomeno, indicare priorità e obiettivi, strategie e modalità d’azione attorno ai temi chiave dell’immigrazione.

Proclamiamo la CARTA DEI DIRITTI DAL BASSO, per affermare le coordinate della città multiculturale che vogliamo costruire, verso un nuovo Patto di Cittadinanza tra le comunità urbane e l’Amministrazione comunale, basato sull’accoglienza e sui diritti di cittadinanza.

Con questa Carta si afferma che




Accoglienza

Tutti coloro che abitano o attraversano la città all’inizio del progetto migratorio hanno diritto alla prima accoglienza, strumento necessario per la futura convivenza nella nostra realtà. L’accoglienza non dovrebbe essere semplicemente la risposta a dei bisogni primari, ma anche un luogo dove far vivere il desiderio di cultura, di incontro, di conoscenza. Ma i centri sono per lo più luoghi di controllo sociale, nei quali uomini e donne perdono la capacità di fare da sé, diventano soggetti passivi da gestire.
Per questo chiediamo un cambiamento radicale nella gestione dei centri d’accoglienza:
FUNZIONE – non vanno più intesi come sistemi di controllo, dove guardie, filo spinato, orari di uscita e rientro regolano e limitano la vita dei migranti;
MODALITA’ DI GESTIONE – trasparenza nell’utilizzo dei fondi, decentramento e qualità dei servizi devono diventare i principi guida della gestione;
LOCALIZZAZIONE – non devono essere più relegati nelle estreme periferie della città poiché la marginalità geografica annulla ogni possibilità di inclusione, diminuisce la libertà di movimento e complica l’accesso ai servizi primari;
STRUTTURA – gli spazi dei centri devono rispettare la dignità delle persone;
OBIETTIVI – devono favorire la costruzione di una comunità libera e autonoma capace di gestire i bisogni individuali e collettivi.

Inoltre, abitare significa vivere: ecco perché il diritto all’abitare deve divenire il cardine delle politiche d’ inclusione ben oltre la prima accoglienza.

Diritto di soggiorno

Tutti i migranti hanno il diritto a soggiornare nel nostro Paese, per un periodo sufficiente alla ricerca di un impiego e di una sistemazione dignitosi. La possibilità di permanere legalmente nel Paese è la premessa per una reale inclusione dei migranti. Durante il processo migratorio, la gran parte dei cittadini stranieri ha attraversato più volte il territorio ostile dell’irregolarità. Per i nuovi venuti è molto difficile uscirne, così come per chi è ricacciato dalla crisi nelle fila dei sans papiers. Irregolarità significa ricattabilità, assenza di diritti, emarginazione. Occorre valorizzare le esperienze più avanzate nella tutela dei migranti irregolari: la pratica vertenziale adottata dal movimento antirazzista ha stimolato le istituzioni centrali alla ricerca di percorsi di emersione e normalizzazione delle sacche di sfruttamento. Anche le Amministrazioni comunali hanno un compito fondamentale: la regolarizzazione del fenomeno è possibile razionalizzando i servizi territoriali per i migranti e i rifugiati, in particolare per i minori, attraverso cabine di regia istituzionali.

Cittadinanza e Partecipazione

Tutti coloro che sono nati e/o cresciuti nel nostro Paese hanno gli stessi diritti dei cittadini autoctoni. Il primo passo verso l’uguaglianza è costituito dal riconoscimento del diritto di cittadinanza. In attesa delle necessarie modifiche legislative che sanciscano lo ius soli, le Amministrazioni comunali giocano un ruolo fondamentale: perché possono e devono sollecitare nuove norme, ma soprattutto perché possono e devono promuovere un cambiamento reale e concreto. Infatti, discriminazioni razziali e socio-culturali spesso esulano dal possesso della cittadinanza, e solo attraverso azioni quotidiane di inclusione e interazione la società potrà cambiare. Per questo motivo è fondamentale introdurre e promuovere percorsi di cittadinanza attiva attraverso la partecipazione diretta delle cosiddette II generazioni alla vita cittadina:
· è necessario creare spazi di aggregazione e confronto interculturale e intergenerazionale;
· i nuovi italiani giocano un ruolo fondamentale nella società anche grazie alla loro peculiarità principale di esser ponte fra più culture e generazioni, per questo motivo è fondamentale dar voce e spazio a questa grande risorsa umana anche attraverso nuove forme di rappresentanza sociale, attraverso la possibilità di voto attivo e passivo e tramite percorsi di inclusione a 360 gradi

Scuola e Intercultura 

Tutte le persone hanno diritto allo studio.
Le nostre scuole pubbliche devono garantire un sostegno a quanti vogliono apprendere la lingua italiana, al fine di rendere più agevoli i percorsi d’inclusione di ciascun individuo nel tessuto sociale. Una speciale attenzione è necessaria per quanti provengono da percorsi di bassa e discontinua scolarizzazione.

Occorre una formazione professionale specifica per i docenti della scuola pubblica che, in classi sempre più multiculturali e multilinguistiche, ogni giorno devono affrontare i problemi del sostegno linguistico a studenti stranieri, giovani migranti o seconde generazioni, che spesso, per tali difficoltà, rischiano di veder compromessi i propri percorsi scolastici.

La garanzia del diritto-dovere che la legge sancisce per ogni cittadino straniero di acquisire e ricevere una formazione sulla lingua italiana in forme gratuite non può essere lasciata interamente a carico dell’associazionismo e del volontariato: i centri territoriali permanenti, oltre a non fornire strumenti adatti per l’apprendimento della lingua, non sono neppure sufficienti ad accogliere tutte le richieste del territorio.

Migrazioni ambientali e Razzismo ambientale

I cambiamenti climatici e la distruzione ambientale provocati dall’attuale modello economico sono tra i principali fattori di migrazione. I soli eventi climatici estremi costringono ogni anno circa 6 milioni di persone a lasciare il proprio territorio. Secondo le stime dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), questo fenomeno potrebbe riguardare tra i 200 e 250 milioni di persone entro il 2050. In questo senso, le istituzioni devono rinnovare il loro approccio e le politiche relative all’immigrazione anche alla luce dei fattori ambientali, andando alla radice del fenomeno. In particolare l’Italia dovrebbe vigilare sulle responsabilità delle multinazionali italiane che contribuiscono in qualche forma al degrado ambientale nei paesi dove operano, favorendo cosi i flussi migratori delle popolazioni locali. In tal senso, le Amministrazioni comunali possono e devono esercitare un ruolo di stimolo, vigilanza e denuncia.
Ogni persona ha il diritto di vivere in un ambiente sano, un diritto fondamentale che viene negato in primis alle fasce più deboli della società. I migranti, come ogni persona, devono essere tutelati dal razzismo ambientale. Per razzismo ambientale si intende la sistematica localizzazione delle attività contaminanti – come poli industriali, discariche e inceneritori, etc – nei luoghi dove vivono le fasce più povere o marginalizzate della popolazione, che sono così maggiormente esposte agli effetti del degrado ambientale. Il razzismo ambientale è dunque una minaccia alla salute e alla vita delle persone. Alle istituzioni locali e nazionali spetta tutelare con maggiore attenzione le aree contaminate o a rischio e le popolazioni che le abitano, mettendo in relazione i fattori culturali, sociali, economici, sanitari ed ambientali.

Cultura della salute

La salute è dignità. L’accesso alle cure sanitarie è un diritto fondamentale di ogni individuo, indipendentemente da nazionalità, cultura, religione e stato giuridico. Nessuno può essere discriminato o criminalizzato nell’accesso e nella fruizione di cure mediche a causa della sua situazione migratoria.
Oltre alle cure, deve essere garantita la prevenzione primaria e secondaria: alimentazione sana e completa, alloggio salubre, ambiente sano sono condizioni di vita necessarie a preservare un buono stato di salute.

Tutelare la salute significa anche contrastare il fenomeno di ghettizzazione che vede i settori marginali della popolazione abitare zone ed edifici degradati, che si traduce in una maggiore esposizione a rischi sanitari.

NON TOLLEREREMO OLTRE!

la logica securitaria delle politiche immigratorie

la logica segregazionista dei Cie 

gli effetti perversi del Regolamento Dublino 

lo spirito razzista del reato di clandestinità 

la pratica degradante del fotosegnalamento





la Barca dei Diritti
per cambiare rotta…




ASud, CDCA, Action Quiebraley, Ermes Coop, 
Coop Rom Future Service, Cemea del Mezzoggiorno, Cesv, 
Casa Dei Diritti Sociali,  Asinitas, CNCA Roma, Comune-info, 
StandUp, Laboratorio Reset, A Buon Diritto, QuestaE'Roma, 
Senza Confine, NeroenonSolo, CSOA La Strada, 
Scuola Popolare Piero Bruno,  Arci Solidarietà, 
Città delle mamme, SCup, Casa Internazionale delle donne,  
Comune-info, Reorient Onlus,Campagna LasciateCIEntrare, 
DiFro-Diritti di FrontieraIcbie Europa Onlus, Tilt, 
Network Agenzie Diritti, Lunaria,  csoa Sans Papier, RadioSonar,
Comunità Cristiana di Base di San Paolo, comunità donne capoverdiane...

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