sabato 8 marzo 2014

MADIBA-MANDELA PROJECT/ Il presidio a Piazza Esquilino

Nel nome di Mandela, si battono per avere diritti e dignità, per essere persone prima ancora che cittadini. Perché i migranti che hanno animato Piazza Esquilino a Roma giovedì 6 marzo – circa 300 africani provenienti dai vari nodi delle campagne del Centro-Sud Italia – sono gli invisibili che con la loro carne e il loro sangue mandano avanti l’economia agricola e edile del Paese. La campagna Madiba-Mandela Project / M2P li ha messi insieme e ha tracciato una via di lotta e rivendicazione. Dai tanti cartelli sollevati in piazza emergono i reali bisogni dei braccianti neri: il permesso di soggiorno, la possibilità di trovare un lavoro dignitoso, una sistemazione, di potersi curare, insomma di poter vivere da uomini e donne liberi.


Che occorra riscrivere la legislazione italiana (e non solo) sull’immigrazione e chiaro a tutti. Ma questo non vuol dire che occorre attendere con le mani in mano l’avvento “miracoloso” di un governo stabile e sensibile. Di ciò si è discusso nel pomeriggio tra la delegazione di M2P e i dirigenti del Ministero dell’Interno. Mentre in piazza Esquilino i bonghi e il sound africano si intervallavano agli interventi accorati delle e dei sans papiers, al Viminale è stato affrontato il nodo delle sacche di irregolarità strutturale in cui versano alcune migliaia di migranti, costretti in un limbo giuridico che non consente loro di emergere, che li preserva dal rimpatrio coatto ma li condanna all’invisibilità e al ricatto dei caporali e alle sanatorie truffa.

 
L’identikit dell’irregolare di lungo corso è ben riassunto nella formula SVI: S come sfruttato (nei campi ma non solo), V come vulnerabile (perché proveniente da paesi che non rispettano i diritti umani, abbastanza da far temere per l’incolumità dei migranti ma paradossalmente non tanto da giustificare la concessione dello status di rifugiato), I come inespellibile e irrimpatriabile (nei fatti, se non vigono accordi bilaterali tra l’Italia e i paesi di provenienza, il decreto di espulsione resta un pezzo di carta che nessun governo sarà mai in grado di far eseguire. I migranti SVI sono l’effetto perverso di norme che creano l’irregolarità, alimentano lo sfruttamento, spingono all’estremo situazioni drammatiche come quelle di Rosarno, Foggia e Castelvolturno, vere e proprie pentole a pressione che, come la storia recente ci insegna, prima o poi esplodono.

Che fare? Mentre la politica fa dell’immigrazione un tema spot per le elezioni di turno – cavalcando la xenofobia o lanciando ecumenici quanto fumosi progetti di integrazione universale – dietro le quinte si cerca di tappare le falle. Il tavolo al Viminale è stato aggiornato e, a stretto giro di posta, sarà nuovamente convocato in cerca di soluzioni percorribili. Sanare le sacche di irregolarità è un obiettivo che può essere sposato anche da chi sposa demagogicamente la parola d’ordine della “tolleranza zero”. Se gli invisibili diventano cittadini allora il confronto passa a un livello più alto, e la sfida è quella di riscrivere le regole della “Fortezza Europa”.

Al Viminale, M2P ha anche riproposto il tema delle modifiche al decreto 109/2012. La legge sullo sfruttamento dei migranti irregolari, che ha recepito con gran ritardo una direttiva Ue del 2009, è nata molto male, tanto che nei fatti resta sostanzialmente inapplicata. Associazioni, movimenti, partiti e sindacati si sono già mobilitati per avviare l’iter di modifica. Un percorso rallentato dalla traversie politiche dell’attuale maggioranza, un percorso che M2P vuole rilanciare dopo il varo del governo Renzi.

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