di Fulvio Vassallo Paleologo
Dopo l’Ordinanza di Protezione civile n. 33 del 28 dicembre 2012,
adottata soltanto a pochi giorni dallo scadere del termine di
accoglienza fissato per il 31 dicembre, il Ministero dell’Interno ha
proseguito ad emanare circolari su circolari, tra queste quella del 18
febbraio 2013 relativa alla chiusura dell’”Emergenza Nord Africa” (Ena),
con la quale si dovrebbe regolare il passaggio di competenze dalla
Protezione Civile al Ministero dell’Interno, alle prefetture ed ai
Comuni. Una circolare che ha seminato panico e disperazione in tutta
Italia tra migliaia di persone che apprendevano che sarebbero state
messe sulla strada dopo pochi giorni, dopo mesi e mesi di attesa, senza
avere ancora ottenuto il rilascio dei documenti di soggiorno e di
viaggio da parte delle questure.
Questa circolare prevede come struttura di coordinamento a livello
locale i “Tavoli di coordinamento regionale”, dei quali non è nota in
questo momento l’esistenza e l’efficacia in merito alla programmazione
ed alla gestione della presenza degli immigrati Ena sul territorio
nazionale. Nulla viene aggiunto su come rendere più veloci le pratiche
che riguardano i profughi (documenti di soggiorno o per la procedura di
asilo), su coloro che non hanno ancora sostenuto l’audizione o sono in
attesa di una decisione. La stessa circolare, di fronte al frequente
diniego del titolo di viaggio da parte di diverse questure ai titolari
del permesso di soggiorno per motivi umanitari, delimita i poteri
discrezionali fin qui esercitati nel rilascio di questo documento
fondamentale per i titolari di uno status di protezione, ma non
garantisce i tempi e comunque affida alle stesse questure «la verifica
della posizione del singolo straniero», malgrado sia già intervenuta una
decisione favorevole della Commissione territoriale. La circolare del
18 febbraio ribadisce poi per i minori stranieri non accompagnati le
previsioni contenute nella Direttiva sui minori stranieri non
accompagnati richiedenti asilo, adottata il 7 dicembre 2006 dal
Ministero dell’Interno d’intesa con il Ministro della Giustizia. Una
Direttiva che non è stata mai pienamente attuata su tutto il territorio
nazionale. Ma l’aspetto più negativo della circolare è avere previsto,
oltre al solito richiamo al rimpatrio volontario e assistito, una
«misura di uscita» di 500 euro da assegnare a ciascun migrante che sarà
estromesso dal sistema di protezione gestito fin qui dalla protezione
civile, a seguito della chiusura delle strutture fissata appunto con la
fine dell’“Emergenza Nord Africa” per il 28 febbraio 2013.
Una somma che appare ben poca cosa e che non potrà certo risarcire i
danni, anche non patrimoniali, subiti dai migranti in questo lungo
periodo di stallo nei centri di accoglienza italiani, magari mentre
perdevano i contatti con i famigliari rimasti in Libia o in altri paesi
di transito, senza che le competenti autorità rilasciassero loro i
documenti di soggiorno ed i titoli di viaggio ai quali avrebbero avuto
diritto di accedere. Una somma che si sta prestando ad ulteriori
ricatti, o ad altre promesse non mantenute, come il pocket money o i
tirocini formativi che avrebbero dovuto essere forniti durante il
periodo di accoglienza.
Risulta che, in alcune strutture, agli immigrati che percepiscono i
500 euro viene fatta firmare una dichiarazione con la quale rinunciano
ad ogni altro diritto nei confronti dello stato italiano, mentre in
altre località le prefetture e gli enti gestori stanno ancora aspettando
l’accreditamento di queste somme. La misura amministrativa risulta poi
discriminatoria nei confronti di tutti quei rifugiati o titolari di
protezione che sono già usciti dal sistema senza percepire alcunché, o
che sono stati accolti nel sistema degli Sprar (Servizio protezione
richiedenti asilo e rifugiati), dove adesso potrebbero avanzare la
medesima pretesa. Da questo punto di vista, potrebbero applicarsi gli
Artt. 43 e 44 del Testo unico sull’immigrazione che precedono la
possibilità di agire in sede civile contro la discriminazione indiretta,
anche se di matrice istituzionale.
Appare sempre più evidente come le autorità italiane, ai più diversi
livelli, si vogliano sbarazzare del maggior numero di migranti, ad ogni
costo e con qualunque mezzo, anche se sono portatori di istanze di
protezione o se si tratta di minori o di altri soggetti vulnerabili. La
presenza dei profughi dalla Libia viene avvertita come un accidente
temporaneo da superare al più presto, a costo zero, per lo stato, magari
trasferendo tutti gli oneri sugli enti locali. Le misure annunciate
vengono legate a continui censimenti richiesti alle prefetture, e nel
frattempo i titolari del diritto all’accoglienza rischiano di restare in
un completo stato di abbandono. Una conferma viene anche dalla
circolare del Ministero dell’Interno che il 1 marzo scorso ha
ulteriormente prorogato sine die le misure di accoglienza, «per coloro
che sono ancora in attesa di essere sentiti dalle Commissioni
territoriali e quelli in attesa dell’esito del ricorso, nonché per
quelli in attesa di ricevere il permesso di soggiorno e/o il titolo di
viaggio» dalle questure.
Malgrado il richiamo ai minori stranieri non accompagnati, per i
quali si annuncia soltanto l’invio di un’ennesima nota ministeriale
rivolta ai comuni, sui quali si vorrebbe scaricare tutto il peso
economico dell’accoglienza, non si garantisce alcuna risorsa aggiuntiva
per un piano nazionale di accoglienza che allo stato manca del tutto. E
per le cd. «categorie vulnerabili», come famiglie con minori, genitori
singoli con figli minori e vittime di tortura, il riferimento
all’accoglienza nel sistema degli Sprar rimane del tutto generico, anche
per l’esigua disponibilità di posti, e l’accreditamento delle risorse
non è certo nei tempi e nella consistenza effettiva. Una politica basata
su proroghe in extremis, che semina disperazione tra i migranti e
devastante anche per l’effetto che sta producendo sull’opinione
pubblica, sempre più propensa alla xenofobia ed al pregiudizio razziale,
come appare evidente dalla quantità di fango e dalle violenze verbali
(almeno per ora) che si scagliano nella Rete contro i richiedenti asilo,
i rifugiati e chi li sostiene.
Una politica che sta continuando a mietere vittime, come il giovane
profugo eritreo che, dopo aver attraversato il Canale di Sicilia, ha
trascorso mesi e mesi a Crotone in attesa del riconoscimento di uno
status di protezione. Una volta messo alla porta con quel permesso di
soggiorno tanto atteso, come sta avvenendo in questi giorni con tanti
altri ragazzi giunti in Italia durante l’Emergenza Nord Africa, si è
suicidato trovandosi in una condizione di totale abbandono, in un
casolare a Isola Capo Rizzuto (KR), vicino a quel centro di accoglienza
che aveva spento la sua speranza di futuro. Una persona che le
istituzioni avrebbero dovuto seguire nel suo percorso di integrazione e
che invece è stato subito classificato da qualcuno come un «senza fissa
dimora», una condizione che in molti comuni italiani sta sancendo
l’esclusione sociale di tanti migranti che hanno ricevuto i documenti di
soggiorno, ma hanno visto cessare all’improvviso qualunque misura di
accoglienza e di integrazione. E che adesso sono costretti ad occupare
abitazioni diroccate o aree fatiscenti nelle parti più degradate del
territorio. Una condanna a vita ad una condizione di clandestinità
esistenziale, una condanna che può arrivare a provocare anche un
suicidio.
Per la Commissione per i diritti umani del consiglio d’Europa,
l’Italia è stata sicuramente inadempiente rispetto agli obblighi di
garantire standard minimi di accoglienza ai richiedenti asilo ed ai
rifugiati, questo lo confermano adesso i tribunali amministrativi
tedeschi che hanno bloccato i trasferimenti verso il nostro paese di
richiedenti asilo che erano incappati, dopo essere transitati
dall’Italia ed avere presentato un’istanza di protezione in Germania,
nelle maglie del Regolamento comunitario Dublino 2. Questi migranti non
sono stati riportati in Italia proprio perché i tribunali amministrativi
tedeschi hanno accertato che qui non avrebbero goduto degli standard di
accoglienza previsti dalle direttive comunitarie 2003/9/Ce e
2004/83/Ce. Non sappiamo come e quando ci sarà un governo in Italia
capace di rispettare gli obblighi internazionali di protezione, e lo
stato di diritto, nei confronti dei migranti. Riusciranno i giudici e
gli avvocati italiani a ripristinare il principio di legalità e a
garantire il rispetto delle Direttive comunitarie in materia di
accoglienza e protezione dei minori, dei richiedenti asilo e dei
rifugiati?
corriereimmigrazione
Nessun commento:
Posta un commento