sabato 20 luglio 2013

IX Rapporto CNEL sull’integrazione in Italia

Crescono i lavoratori stranieri in Italia, ma anche l’incidenza di quelli che un lavoro lo cercano e non lo trovano. Con ritmi tali da far scattare l’allarme tra le stesse fila dei tecnici del ministero del Lavoro, che nel Rapporto sull’immigrazione parlano della disoccupazione tra gli stranieri come di un fenomeno che “assume caratteri decisamente allarmanti, nella lunga fase di crisi”. Nel dettaglio, lo scorso anno in Italia hanno avuto un lavoro 2 milioni e 334 mila immigrati. I cittadini stranieri disoccupati sono stati 385mila. Rispetto al 2011 il numero è aumentato del 19,2% tra coloro che provengono da Paesi dell’Ue e del 25,4% per quelli extra-Ue.
Sempre nel raffronto tra 2012 e 2011 si è registrata una crescita dell’occupazione straniera di circa 82 mila persone, a fronte di una diminuzione di 151 mila occupati italiani. “Ma nonostante la crescita in valore assoluto dell’occupazione straniera diversi indicatori – spiega il Rapporto – convergono nel segnalare come la crisi abbia colpito in misura relativamente più accentuata proprio la componente immigrata”.
 Quanto poi alla retribuzione, i cittadini stranieri impiegati svolgono mansioni meno qualificate e guadagnano meno degli italiani: la retribuzione netta mensile per gli stranieri è, in media, più bassa e si attesta a 968 euro contro i 1.304 euro dei lavoratori italiani (-336 euro). Nel 2008, il 29% dei lavoratori stranieri era impegnato in mansioni “non qualificate”, percentuale che nel 2012 raggiunge il 34%, mentre si riducono nettamente le posizioni “qualificate” che passano dall’8,2% del 2008 al 5,9% del 2012. La crescita della domanda, quindi, sembra condizionata e circoscritta a mansioni sempre più “povere” e comunque concentrata su poche professioni: le assistenti domiciliari e le collaboratrici domestiche rappresentano più della metà delle occupate straniere e risultano sovra istruiti il 41% dei lavoratori stranieri. Per quel che riguarda l’integrazione dei cittadini stranieri, il grado maggiore di attrattività (basato su numero di immigrati residenti, loro densità e stabilità) è ancora detenuto dalla Lombardia, che supera di gran lunga Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Piemonte, Liguria. Tra le province, la massima attrattività spetta a Brescia che, rispetto al 2009, sorpassa Prato, dovuto “al fatto che molti cinesi stanno effettivamente abbandonando l’area pratese, nella quale da tempo si erano stabiliti numerosi per impiantarvi le proprie attività imprenditoriali, spostandosi in altre zone del Paese”. Il Rapporto attesta tuttavia che la regione a più alto potenziale di integrazione degli immigrati è oggi il Piemonte (nel 2009 era il Friuli Venezia Giulia). Seguono: Emilia Romagna, Liguria, Friuli, Abruzzo, Marche. Ultime: Puglia e Calabria. Tra le province, in testa ci sono Macerata, Mantova, Imperia e Pistoia. Ultime: Crotone, Ragusa e Foggia. In generale, le condizioni sono più facili nei piccoli centri: “Le condizioni di inserimento sociale e occupazionale degli immigrati, che determinano il potenziale di integrazione di un territorio – si legge nel Rapporto Cnel – sono migliori in contesti più ristretti e a bassa complessità sociale, ovvero in territori che non fanno capo ad aree urbane particolarmente estese o a realtà metropolitane”.  Si nota inoltre come tutto il Nord Est – ad eccezione dell’Emilia Romagna – ha conosciuto in due anni una notevole contrazione del proprio potenziale di integrazione. Un esempio: il Veneto passa dal quarto al tredicesimo posto nella classifica generale. Non solo. Rispetto al 2009, il Rapporto denuncia come “in Italia le condizioni di inserimento sociale e lavorativo degli immigrati (come, del resto, degli italiani) hanno conosciuto un generale e diffuso peggioramento“.



fonte:repubblica.it

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