martedì 9 luglio 2013

Un Giudice solleva il dubbio di INCOSTITUZIONALITA’ dei CIE

Per la prima volta un giudice chiede alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla legittimità costituzionale dei Centri di identificazione e di espulsione. Per la legge italiana sono i giudici di pace, magistrati onorari e non togati, a dover decidere sulla libertà degli stranieri, che possono essere reclusi fino a un anno e mezzo senza avere commesso un reato, ma solo perché non hanno il permesso di soggiorno. Nelle 13 prigioni amministrative italiane, i giudici di pace decidono sulla prima convalida del trattenimento del migrante e sulle successive proroghe rinnovabili fino a 18 mesi. Il giudice di pace deve pronunciarsi entro 72 ore dall’ordine di trattenimento, come previsto dalla Costituzione per la privazione della libertà personale.

 
Nel corso dell’udienza di convalida del trattenimento nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, di una cittadina cinese fermata a Messina, il giudice di pace Diego Loveri ha sospeso il giudizio, trovandosi nell’impossibilità di decidere se fosse trascorso il termine di tempo massimo, a causa di un vuoto di legge. Non è chiaro infatti se valga l’ordine di reclusione nel Cie emesso dalla questura di Messina o quello successivo di Roma. Interrotta l’udienza e liberata la cittadina cinese, il giudice Loveri ha trasmesso gli atti alla Consulta sollevando il dubbio di legittimità costituzionale sull’articolo 14 del Testo Unico Immigrazione che definisce i Centri di Identificazione ed Espulsione “quelli individuati o costituiti con decreto del Ministero dell’interno”. Le ragioni indicate dal magistrato sono due: “sussiste il dubbio sull’incostituzionalità del trattenimento degli stranieri nei centri di identificazione ed espulsione in rapporto al diritto di libertà personale ed in rapporto al principio di eguaglianza e non discriminazione nel godimento dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione (art. 3, art.10, art.13 Cost.)”. La reclusione degli stranieri nei Cie viene descritta nell’ordinanza come “atto coercitivo con il quale le forze di polizia attuano o ripristinano un provvedimento di trattenimento nel centro di identificazione ed espulsione”. La Costituzione prevede che le misure che incidono sulla libertà personale, diritto inviolabile di ogni uomo, siano disciplinate dalla legge attraverso il Parlamento.
I Cie non sono regolati da una legge. Di fatto sono prigioni amministrative, ma ufficialmente non sono considerate carceri. Dovrebbero, secondo quanto scrive il giudice, “essere interamente regolati dalla Legge, e non lo sono attualmente”. Esistono solo decreti e regolamenti emanati al ministero dell’Interno. Il Testo Unico dell’immigrazione non contiene nessuna prescrizione circa le modalità del trattenimento nei Cie. “La gestione dei Centri è disciplinata da un capitolato di appalto, approvato con decreto ministeriale del?21 novembre 2008 e non da una legge” continua l’ordinanza.
Una seconda questione sollevata da Loveri riguarda il luogo in cui si svolgono le udienze del giudice di pace. I locali sono messi a disposizione dalle questure all’interno dei Cie. Il giudice, si legge nell’ordinanza, “dovrebbe recarsi, a discrezione del potere esecutivo, presso uno dei Centri di Identificazione ed Espulsione esistenti in tutto il territorio nazionale o presso le Questure, oppure presso gli Aeroporti”. Questo potrebbe violare l’articolo 25 della Costituzione “non essendo legislativamente determinato il giudice naturale”. Quando le udienze si svolgono all’interno dei Cie, il giudice “non può esaminare gli atti se non velocemente ed altrettanto velocemente decidere sulla libertà personale dei cittadini di paesi terzi”. Si configura così “una evidente lesione del diritto di difesa di cui all’art.24 della Costituzione (il cui esercizio è riconosciuto anche allo straniero irregolarmente soggiornante in Italia e del dovere di imparzialità e di parità davanti ad un giudice terzo (art.111 della Costituzione)” . Il giudice di pace sottolinea che “di fronte ai diritti fondamentali di libertà posti in gioco, non può non assumere preminenza l’esigenza di assicurare tutte le garanzie ordinamentali e processuali a soggetti che, per la loro intrinseca condizione personale, costituiscono a tutti gli effetti soggetti deboli”. L’ordinanza si sofferma sulle condizioni di vita all’interno dei Cie, usando le parole dei rapporti del Viminale, in cui si descrivono l’ozio forzato, il disagio psichico, le frequenti rivolte e atti di autolesionismo dei trattenuti.


leggi l' ordinanza del Giudice Loveri


fonte:repubbluica - cirdi

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