Per la prima volta un giudice
chiede alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla legittimità
costituzionale dei Centri di identificazione e di espulsione. Per la
legge italiana sono i giudici di pace, magistrati onorari e non togati, a
dover decidere sulla libertà degli stranieri, che possono essere
reclusi fino a un anno e mezzo senza avere commesso un reato, ma solo
perché non hanno il permesso di soggiorno. Nelle 13 prigioni
amministrative italiane, i giudici di pace decidono sulla prima
convalida del trattenimento del migrante e sulle successive proroghe
rinnovabili fino a 18 mesi. Il giudice di pace deve pronunciarsi entro
72 ore dall’ordine di trattenimento, come previsto dalla Costituzione
per la privazione della libertà personale.
Nel corso dell’udienza di convalida del
trattenimento nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, di una cittadina cinese
fermata a Messina, il giudice di pace Diego Loveri ha sospeso il
giudizio, trovandosi nell’impossibilità di decidere se fosse trascorso
il termine di tempo massimo, a causa di un vuoto di legge. Non è chiaro
infatti se valga l’ordine di reclusione nel Cie emesso dalla questura di
Messina o quello successivo di Roma. Interrotta l’udienza e liberata la
cittadina cinese, il giudice Loveri ha trasmesso gli atti alla Consulta
sollevando il dubbio di legittimità costituzionale sull’articolo 14 del
Testo Unico Immigrazione che definisce i Centri di Identificazione ed
Espulsione “quelli individuati o costituiti con decreto del Ministero
dell’interno”. Le ragioni indicate dal magistrato sono due: “sussiste il
dubbio sull’incostituzionalità del trattenimento degli stranieri nei
centri di identificazione ed espulsione in rapporto al diritto di
libertà personale ed in rapporto al principio di eguaglianza e non
discriminazione nel godimento dei diritti fondamentali tutelati dalla
Costituzione (art. 3, art.10, art.13 Cost.)”. La reclusione degli
stranieri nei Cie viene descritta nell’ordinanza come “atto coercitivo
con il quale le forze di polizia attuano o ripristinano un provvedimento
di trattenimento nel centro di identificazione ed espulsione”. La
Costituzione prevede che le misure che incidono sulla libertà personale,
diritto inviolabile di ogni uomo, siano disciplinate dalla legge
attraverso il Parlamento.
I Cie non sono regolati da una legge. Di
fatto sono prigioni amministrative, ma ufficialmente non sono
considerate carceri. Dovrebbero, secondo quanto scrive il giudice,
“essere interamente regolati dalla Legge, e non lo sono attualmente”.
Esistono solo decreti e regolamenti emanati al ministero dell’Interno.
Il Testo Unico dell’immigrazione non contiene nessuna prescrizione circa
le modalità del trattenimento nei Cie. “La gestione dei Centri è
disciplinata da un capitolato di appalto, approvato con decreto
ministeriale del?21 novembre 2008 e non da una legge” continua
l’ordinanza.
Una seconda questione sollevata da
Loveri riguarda il luogo in cui si svolgono le udienze del giudice di
pace. I locali sono messi a disposizione dalle questure all’interno dei
Cie. Il giudice, si legge nell’ordinanza, “dovrebbe recarsi, a
discrezione del potere esecutivo, presso uno dei Centri di
Identificazione ed Espulsione esistenti in tutto il territorio nazionale
o presso le Questure, oppure presso gli Aeroporti”. Questo potrebbe
violare l’articolo 25 della Costituzione “non essendo legislativamente
determinato il giudice naturale”. Quando le udienze si svolgono
all’interno dei Cie, il giudice “non può esaminare gli atti se non
velocemente ed altrettanto velocemente decidere sulla libertà personale
dei cittadini di paesi terzi”. Si configura così “una evidente lesione
del diritto di difesa di cui all’art.24 della Costituzione (il cui
esercizio è riconosciuto anche allo straniero irregolarmente
soggiornante in Italia e del dovere di imparzialità e di parità davanti
ad un giudice terzo (art.111 della Costituzione)” . Il giudice di pace
sottolinea che “di fronte ai diritti fondamentali di libertà posti in
gioco, non può non assumere preminenza l’esigenza di assicurare tutte
le garanzie ordinamentali e processuali a soggetti che, per la loro
intrinseca condizione personale, costituiscono a tutti gli effetti
soggetti deboli”. L’ordinanza si sofferma sulle condizioni di vita
all’interno dei Cie, usando le parole dei rapporti del Viminale, in cui
si descrivono l’ozio forzato, il disagio psichico, le frequenti rivolte e
atti di autolesionismo dei trattenuti.
leggi l' ordinanza del Giudice Loveri
fonte:repubbluica - cirdi
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